AGGIORNAMENTO MAGGIO 2023

Con la conversione in legge del decreto-legge 162/2022 (legge 199/2022) è stato approvato il nuovo testo dell’art. 7 che prevede l’inserimento del comma 1 bis:

“1-bis.     Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino al 30 giugno 2023 sono sospesi le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione previsti dall’articolo 4 sexies, commi 3, 4 e 6, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021 n. 76.”

La legge di conversione n. 199 del 30 dicembre 2022 entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La pubblicazione è avvenuta con la Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30.12.2022 per cui la sospensione è operativa dal 31.12.2022.

Con successivo decreto-legge n. 51 del 10 maggio 2023, art. 3, comma 6 (G.U. 108 del 10 maggio 2023) il termine è stato prorogato al 30 giugno 2024.

La sospensione si riferisce a tutte le fasi del procedimento, compresa la riscossione (esecuzione forzata) per cui anche chi ha già ricevuto la multa può stare tranquillo perché l’Agenzia delle Entrate Riscossione non può recuperare forzosamente la somma fino al 30 giugno 2024. La nuova maggioranza di governo ha promesso che le multe saranno comunque abolite entro il 30 giugno 2024. Attendiamo gli sviluppi. Se non manterranno le promesse sarà messo a disposizione un modello di impugnazione che potrà essere utilizzato dai destinatari delle multe senza necessità di farsi assistere da un avvocato.

L’OBBLIGO VACCINALE E LA MULTA

Il decreto-legge 44/2021 del 1° aprile 2021 introduceva una serie di obblighi di vaccinazione applicabili a varie categorie che, in caso di inottemperanza, venivano puniti con la sospensione dei rapporti di lavoro ed il divieto di svolgere la propria attività professionale.

Con decreto-legge n. 1/2022 del 7 gennaio 2022 (convertito dalla legge 4 marzo 2022 n. 18) il governo estendeva l’obbligo anche a tutti gli ultracinquantenni che, oltre ad essere esclusi anch’essi dal posto di lavoro se renitenti all’obbligo di vaccinazione, venivano sanzionati (e così anche gli appartenenti alle categorie già in precedenza obbligate al vaccino) con la previsione del pagamento di una sanzione amministrativa di 100 euro.

Come funziona(va) il procedimento sanzionatorio (multa dei 100 euro)?

Ne abbiamo parlato in precedenza, chi vuole può guardare il video specificatamente  dedicato a questo tema.

La norma prevede una multa di 100 euro per gli ultracinquantenni (e le altre categorie obbligate) che non si sono vaccinati entro il 15 giugno 2022. Si tratta di una multa, cioè di una sanzione amministrativa. Non ha natura penale, non va sul casellario o su alcun registro.

Il Ministero della Salute verifica tramite la banca dati della tessera sanitaria chi è vaccinato e chi no. Ricordiamo a tutti, quindi, di oscurare il fascicolo sanitario elettronico. È una difesa in più che potrà essere utilizzata perché l’accesso illegittimo alle banche dati potrebbe essere denunciato come violazione dei diritti alla privacy anche se la norma prevede che l’Agenzia delle Entrate abbia diritto ad accedere alla banca dati. Ci sono, però, dei profili di illegittimità dell’accesso in base alla normativa dell’Unione Europea in materia di protezione dei dati personali (GDPR).
Il Ministero della Salute, per il tramite dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, invia una comunicazione a tutti coloro che risultano non vaccinati invitandoli a comunicare entro dieci giorni alla Azienda Sanitaria di appartenenza e all’Agenzia delle Entrate Riscossione le ragioni per la mancata vaccinazione.

Non è necessario rispondere.

In caso di mancata risposta il procedimento andrà avanti per l’emissione dell’avviso di addebito. Un modello di risposta è disponibile qui.

Questa risposta vale per chi vuole contestare l’obbligo di vaccinazione per ragioni di principio.

Chi dovesse avere delle ragioni di esenzione dall’obbligo potrà, invece, utilizzare il modello disponibile qui.

La procedura prevede che si comunichi la lettera anche all’Agenzia delle Entrate Riscossione utilizzando il portale https://www.agenziaentrateriscossione.gov.it/it/

Ovviamente si tratta di una richiesta illegittima poiché nessuno è costretto ad avere un collegamento internet ed a saper usare il computer. Pertanto, la lettera potrà essere inviata anche a mezzo PEC o raccomandata come indicato nel modello. Anche perché l’utilizzazione del portale comporta una cessione di dati all’Agenzia delle Entrate Riscossione che non è né utile né opportuna. L’Amministrazione non può rifiutarsi di prendere in considerazione comunicazioni inviate regolarmente a mezzo pec o raccomandata.

Ovviamente le lettere minatorie che stanno arrivando ai cittadini obbligati alla vaccinazione integrano varie ipotesi di reato.

Chi vuole potrà presentare una denuncia utilizzando il modulo che si può scaricare qui.

A far data dalla trasmissione degli elenchi dei non vaccinati da parte del Ministero della Salute all’Agenzia delle Entrate Riscossione, questa ha 270 giorni per trasmettere a coloro che non siano in regola con l’obbligo di vaccinazione un avviso di addebito (analogo ad una cartella esattoriale) con l’irrogazione della multa prevista di 100 euro.

Alcune persone ci hanno chiesto perché la multa si trova già nel cassetto fiscale.

La multa si trova nel cassetto fiscale perché è un titolo esecutivo che consente la riscossione esattoriale, cioè l’esecuzione forzata dei crediti dello stato. In seguito all’entrata in vigore della legge 199/2022 nel cassetto fiscale è stata annotata la sospensione degli avvisi di addebito e la stessa Agenzia delle Entrate Riscossione ha chiarito che fino al 30 giugno 2024 compreso non sarà svolta alcuna attività finalizzata al recupero delle multe.

L’avviso di addebito è una procedura che cumula in un solo atto le funzioni che prima erano svolte dal ruolo, cioè l’elenco dei crediti da riscuotere, la cartella di pagamento o cartella esattoriale, che ha la funzione di formale richiesta di pagamento, e l’intimazione di pagamento che è l’atto che autorizza l’agente della riscossione a procedere con l’esecuzione forzata. La procedura dell’avviso di addebito permette all’amministrazione di saltare tutti questi passaggi e di procedere direttamente alla riscossione dopo la notifica dell’avviso di addebito.

La notifica dell’avviso di addebito è necessaria e non è sufficiente l’inserimento nel solo cassetto fiscale.
Da ciò si deduce che non si tratta di una normale sanzione amministrativa, che viene inserita nel cassetto fiscale solo dopo l’iscrizione a ruolo (che in questo caso non è prevista), ma di una riscossione esattoriale speciale attuata con la procedura dell’avviso di addebito, da impugnare dinanzi al Giudice di Pace con il mezzo dell’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. In seguito all’entrata in vigore della cosiddetta riforma Cartabia è cambiata la procedura da seguire dinanzi al Giudice di Pace. Infatti, il mezzo per introdurre un giudizio non sarà più l’atto di citazione, ma il ricorso. La differenza consiste nel fatto che il ricorso viene prima depositato nella cancelleria del giudice e successivamente notificato alla controparte insieme al decreto con cui il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti.

Non vi è un termine di decadenza per l’impugnazione dell’avviso di addebito.

Alcuni hanno diffuso la notizia errata che ci sarebbe un termine di 30 giorni: l’equivoco nasce dalla confusione tra l’opposizione all’avviso di addebito e la procedura di impugnazione delle sanzioni amministrative prevista dalla legge 689/1981. Non si applica il ricorso in opposizione a sanzione amministrativa (OSA) perché l’art. 4 sexies del DL 44/2021 prevede espressamente la deroga alla legge 689/1981.Inoltre, anche se si dovesse ritenere erroneamente applicabile la procedura di opposizione a sanzione amministrativa, va osservato che gli avvisi di addebito non indicano alcun termine per la loro impugnazione limitandosi a indicare la competenza del Giudice di Pace e la legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate Riscossione contro cui va proposta la domanda. Secondo l’art. 3 della legge 241/1990 sul procedimento amministrativo le amministrazioni devono sempre indicare nei loro atti il termine per l’impugnazione.

Se non lo fanno l’impugnazione può essere proposta anche dopo la scadenza dell’ipotetico termine, come stabilito dalla Corte costituzionale con due sentenze, la n. 311 del 1994 e la n. 86 del 1998 riferite proprio al caso di sanzioni amministrative nelle quali non era stato inserito l’avvertimento riguardante il termine per impugnarle.

Per ora è prematuro (e anche inutile) preoccuparsi dell’impugnazione degli avvisi di addebito. Attendiamo gli sviluppi e se sarà necessario dopo il 30 giugno 2024 metteremo a disposizione i documenti necessari.